domenica 26 marzo 2023

ALMANACUS DOMENICALE - 26 MARZO

ALMANACUS DELLA DOMENICA


Oggi è Domenica 26 Marzo della quarta settimana di questo mese e dodiesima settimana di questo anno.

Il sole sorge alle 7:02 e tramonta alle 19:28

La luna tram.00:05 e sorge alle 09:28

Fase Lunare : Crescente

La prossima luna piena ci sarà il 6 Aprile



SCOPRIRE L'ITALIA


LUCIGNANO (AR)


Dominante dalla sua collina di una dolce altura di circa 400mt s.l.m.sulla valle di Chiana, questo borgo caratteristico dona all'ambiente tuttora agricolo e naturalistico un carattere sobrio ma decisamente intenso nel suo medievale contenuto. Sarebbe bello poterlo vedere dall'alto per apprezzare e capire la sua forma “elittica” e l'intricarsi e svilupparsi delle strette vie. E' stato un paese che ha fatto invidia a tanti e tanti lo hanno posseduto proprio per questa sua caratteristica di dominio e controllo sulla valle, da qui sono passati padroni come Perugia, Siena, Arezzo e naturalmente Firenze, ma nonostante il continuo cambio di potenze si sono mantenute le sue originarie strutture e lo svilupparsi ha tenuto fede sempre alle primarie mura medievali. Ha “girato” per comprendersi, sempre su se stesso senza togliere così il suo fascino e la sua interezza naturale e gelosamente trattenuta e custodita.

Si entra in paese dalla porta San Giusto ancora con i battenti di legno inserendosi così nella prima cerchia viaria ellittica. E' da sottolineare che tra le vie pare vi fosse una certa differenziazione gerarchica ovveroVia Matteotti già Cavalieri , una delle più larghe e luminose pare fosse propria delle costruzioni dei nobili mentre via Roma, esposta più a nord e più angusta è sormontata da case basse tipiche dei ceti più umili.

Proseguendo si arriva al “cassero” senese, su di un autentico slargo fronteggiato da una scalea che conduce alla Collegiata ( al cui interno vi è un grandioso altare disegnato da Andrea Pozzo). Questo monumentale accesso pare sorto per volontà Medicea, poi inframmezzato da una bellissima loggia del settecento. Abbiamo poi la piazza del Tribunale con case in pietra e mattoni dove troviamo il Palazzo Pretorio comunemente e caratteristicamente invaso sulla facciata da stemmi dei luoghi o cittadine del vicinato per arrivare poi, in loco più basso, alla chiesa dalla spettacolare facciata di cromie bianche e grigi di San Francesco, dove all'interno spicca un bellissimo affresco di Bartolo di Fredi rappresentante l'epidemia di peste che invase l'Europa intera durante il periodo tra il 1347 e il 1351, intitolato “Il trionfo della Morte”

Da non perdersi una visita al Museo Comunale nel Palazzo Pretorio che tra le varie opere vi è un preziosissimo reliquario di scuola senese a forma di albero famoso infatti come “Albero di Lucignano”.

Se vi trovate a passare da questo nobile paese nel periodo di Maggio e soprattutto nelle ultime due domeniche potrete imbattervi in un bellissimo evento folcloristico a cui Lucignano tiene particolarmente ed è legato alle stagioni e ai lavori campestri, con un allegorica sfilata di carri e con personaggi in costumi caratteristici del luogo.

Una chicca gastronomica da non perdersi, i crostini al cavolo nero.....una delizia!


Immagini puzzle da web:



APPUNTI PER UNA LETTURA


Da questa domenica posterò sempre un brano che parla di un personaggio principale tratto dalle pagine del libro in questione….lascio a voi indovinare il titolo del libro e l'autore.....la soluzione la prossima domenica.


Appartenevo a una razza sanguigna e senza paura: una popolana di provincia, contadina, bottegaia, con una fiera praticaccia della vita e un corredo di proverbvi per ogni occasione. Ma il mio carattere spigoloso e umorale contrastava con la rotondità delle mie fattezze, con la bocca morbida, rossa come corallo, rispecchiandosi invece nella gagliardia del seno, nella sicurezza degli occhi, nei miei lunghi capelli corvini.

Il matrimonio l'avevo tollerato ma come si tollera una seccatura: qualcosa che ha più a che fare con la violenza che col rispetto. Dell'amore conoscevo solo quello per mia figlia e da vedova credevo che sarei stata felice nell'impavido dominio della mia solitudine. Ma i tempi sgangherati che vissi mi confusero in una moltitudine universale di sfollati: gente sempre in marcia tra città e villaggi invasi dalla guerra e letti di granturco, mulattiere, damigiane sbrecciate e valigie di fibra.

Un'umanità inevitabile di borsari neri, di prostitute, di lazzari perduti alla pietà, dannati a ripassare l'inutile inventario di ciò che si è lasciato.

Perchè la guerra è un incrudimento di tutto , una sciancatura, un rattrappirsi d'ogni senso; e non c'è nessun peccato d'origine, solo un altare di innocenze profanate, lo stupro di una figlia, gli occhi spalancati, l'urlo inutile. Un guado doloroso prima che si torni a – questa povera cosa di oscurità e di errore – senza sapere perchè sia preferibile alla morte.”

TITOLO E AUTORE ( da indovinare)


Immagine web: Parziale della copertina del libro



IL VANGELO DELLA DOMENICA


V Domenica del Tempo di Quaresima

Colore liturgico: Viola


Gv 11, 1 - 45


Io sono la resurrezione e la vita


In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Parola del Signore.


Immagine web: Giotto di Bondone – Risurrezione di Lazzaro



UN FUMETTO O CARTOONS


ANDY CAPP

(of Reg Smythe)


Nato nel 1957 per opera dell'inglese Reg Smythe, Andy Capp è un disoccupato cronico, irascibile e sempre pronto ad attaccar briga, sfacciato corteggiatore di cameriere con la celata speranza di trovar da bere birra gratuitamente. Si dedica ai piccioni viaggiatori ma soprattutto al gioco del calcio dove dimostra apertamente la sua dissacrante contestazione verso gli arbitri ma anche verso i giocatori, pure quelli della sua squadra. Ha una “vita matrimoniale” che è una continua lotta a due con la simpatica e attiva Florrie, una moglie che diversamente e fortunatamente non avrebbe potuto avere. Pure lei beve anche se moderatamente, gioca a bingo e ama farsi corteggiare da uno degli esattori e comunque e nonostante tutto lei ama spudoratamente Andy Capp al punto che riesce sempre a perdonargli ogni sua manchevolezza o debolezza. In Italia fu conosciuto come Carlo e Alice e ebbe fortuna apparendo settimanalmente in “strisce” su un'intera pagina della rivista di enigmistica , La Settimana Enigmistica.

Sorprendentemente nel 1976 l'Editoriale Corno pubblicò un libro scritto da un pastore americano presbiteriano sulla dimensione spiriturale segreta di Andy Capp intitolato “Il vangelo secondo Andy Capp”.


Immagini puzzle da web: Alcune copertine del fumetto.



UN FILM ANNI ‘80


KAOS (1984)


Paolo e Vittorio Taviani



Una silloge davvero encomiabile quella che riescono a fare i fratelli Paolo e Vittorio Taviani con l'aiuto della sceneggiatura del magistrale Tonino Guerra di alcune interessanti opere di Pirandello, rielaborando alcuni (per la precisione quattro) racconti tratti da le “Novelle per un anno”. Il titolo Kaos altro non è che il nome del paese di nascita dello scrittore che si affaccia sulla vasta Agrigento e i racconti volano con un corvo con una campana legata al collo nell'azzurro cielo siciliano (Il corvo di Mizzaro) per ritrovarci in una tragedia rustico-siciliana del dopo guerra Garibaldina sottolineandoci la grande problematica dell'emigrazione (L'altro figlio) per poi immergerci in un racconto dai toni dell'orrore di uno sposalizio di un licantropo ( Mal di luna) fino a ritrovarsi in quella lotta di classe beffeggiata di uno dei più famosi racconti (La giara). Notevole poi “un'appendice” ovvero la confessione di Pirandello in pellegrinaggio su quei luoghi della sua Sicilia (Colloquio di Luigi Pirandello con la madre morta).

E' un viaggio interiore delle problematiche dell'isola e un viaggio esteriore delle sue magnifiche terre, Kaos è un'inventiva ammirevole e ben riuscita che tratta di quelle radici popolari passando da un valore antropologico e sfiorando lo storico-politico. Un doveroso elogio va agli interpreti come l'energico e profondo Pirandello di Omero Antonutti e della sorprendente e geniale coppia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.




FAVOLA DELLA DOMENICA


Il gallo, il cane e la volpe

(Esopo)


Erano proprio buoni amici quel cane e quel gallo, e spesso imprendevano insieme dei bei viaggetti. Ora, una volta, durante uno di questi viaggi, accadde loro di ritrovarsi di notte assai lontano da ogni ricovero. Scorto un albero cavo, il gallo volò sur un alto ramo e il cane si accoccolò nella cavità: e dormirono beatamente.

All'alba il gallo, com'era sua abitudine, si svegliò e cominciò a cantare chiamando il sole. Una volpe udì quel canto e si affrettò a correre ai piedi dell'albero tuta piena di fame e di speranze.

Ahimè! Il galletto era ben alto!

  • Scendi – cominciò a pregarlo. - Vieni giù. Io non ho mai sentito cantar così bene. Vorrei prorio abbracciare un animale che canta in questo modo.

  • Scendo subito – rispose il galletto – Subito subito. Ma tu, prima sveglia il portinaio, costì ai piedi dell'albero, perchè mi apra.

  • O portiere! Sveglia! Apri! - squillò la volpe.

E il cane balzò dalla cavità sulla volpe e la strozzò.

Furbo il galletto, no? Così fa la gente giudiziosa, quando il nemico lusinga e insidia.


Immagine web: Incisione di Samuel Howitt (1811)



PENSIERI DEL GIORNO


La felicità è l'unica cosa che si moltiplica quando la condividi”

Albert Schweitzer



Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo.”

Oriana Fallaci - “ La rabbia e l'Orgoglio”


Nessuno al di fuori di noi stessi può governarci interiormente.

Quando lo sappiamo, diventiamo liberi.”

Buddha


Non ci si libera da una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola.”

Cesare Pavese


Una cosa è pensare di essere sulla strada giusta,

ma tutt'altra è credere che la tua strada sia l'unica.”

Paulo Coelho



RICETTA DOMENICALE DI NONNA LINA


SFORMATO DI FAGIOLINI FRESCHI


Ebbene lo ammetto anche io talvolta mi faccio sopraffare da un qualcosa, come ad esempio stamani andando a fare la spesa, non ho resistito a dei bellissimi e freschi fagiolini verdi.

Comprati e subito cucinati......

500/600 gr.di Fagiolini verdi

Pinoli 80 gr

3 Uova

Burro un 25/30 gr.

Besciamella

Formaggio parmigiano grattugiato 60/70 gr.

Formaggio pecorino romano grattugiato 60/70 gr.

Noce moscata

Peperoncino o pepe

Una volta spuntati i fagiolini li lessiamo per circa 10 minuti in una pentola con acqua salata e poi li scoliamo e aspettiamo che si freddino.

Nel frattempo prendiamo una ciotola abbastanza capiente e vi immettiamo i tre tuorli d'uovo mentre gli albumi li montiamo a neve separatamente.

Una volta tiepidi i fagiolini, li spezzettiamo e poi li buttiamo in una padella dove abbiamo già scaldato il burro, li saltiamo per farli insaporire e nel frattempo aggiungiamo anche i pinoli, poi saliamo e pepiamo o aggiungiamo un poco di peperoncino tritato.

Una volta insaporiti li vuotiamo nel recipiente delle uova, aggiungiamo la besciamella, i due tipi di formaggio grattugiato e mescoliamo per amalgamare bene le cose, aggiungiamo un poco di noce moscata, un pugnetto di sale e continuiamo a mescolare fino a raggiungere il composto omogeneo.

A questo punto mettiamo i bianchi montati a neve e con un cucchiaio delicatamente partendo dal basso verso l'alto mescoliamo, pazientemente fino a che i grumoli del bianco montato siano ben disfatti.

Prendiamo una teglia rotonda di media profondità, mettiamo della carta da forno precedentemente bagnata e strizzata, e poi vi versiamo i fagiolini impastati. Mettiamo in forno statico (preriscaldato) a 160/180 gradi e appena notiamo una colorazione brunata sul nostro sformato possiamo togliere.

Una volta raffreddato, poniamo in un vassoio e serviamo.



Nonna Lina


Immagine Errebi (Roberto Busembai)





IL MOTIVO DEL GIORNO


Tommaso ParadisoViaggio intorno al Sole



L'OPERA D'ARTE DELLA DOMENICA



Lowell Nesbitt (americano, 1933-1993), Gold & Violet Iris , 1975




Segni zodiacali del mese: ARIETE dal 21/3 al 20/4


TORO dal 20/4 al 20/5



domenica 19 marzo 2023

ALMANACUS DOMENICALE - 19 MARZO (Festa del papà))

ALMANACUS DELLA DOMENICA


Oggi è Domenica 19 Marzo della terza settimana di questo mese e undicesima settimana di questo anno.

Il sole sorge alle 6:14 e tramonta alle 18:21

La luna tram.18:21 e sorge alle 05:22

Fase Lunare : Calante

La prossima luna piena ci sarà il 6 Aprile



SCOPRIRE L'ITALIA


MONTEMERANO (GR)



Si può dire con assoluta certezza che Montemerano è un incanto medievale puro, dove tutto è raccolto tra le sue mura e dove tutto pare si tenga stretto quel sapore del tempo che non è mai trascorso. Un perimetro di terra al di sopra di una gentile collina domina, dalla struttura singolare a cuore, domina con la sua impronta medievale una valle che fu dominio e nascita di quella civiltà ancora sconosciuta, gli etruschi.

La bellezza di questo antico borgo non è sottolineata da particolari monumenti o palazzi o piazze, la sua caratteristica è il paese intero, con le sue strette vie, con le sue affacciate dalle finestre e di balconi colmi di fiori, labirinti lastricati, e soprattuto coloro che vi abitano che fanno invidia a un mondo ormai dimenticato e sempre di corsa, persone che ancora trascorrono parte del loro tempo a chiacchierare, a scambiarsi idee o progetti o solo interessi sedute nei cortili, con la bontà e la serenità che noi non sappiamo più riconoscere.

Al centro di questo borgo c'è una delle più antiche piazze della valle del Fiora, Piazza del Castello costruita come campo di addestramento nel XII secolo e oggi al posto delle armi e delle armature sovrastano una miriade di fiori che spuntano da ogni dove, pure da antiche botti.

Scendendo dalla piazza si arriva alla strada principale di Montemerano, Via Italia, dove si affacciano i tipici locali toscani, bar e ristoranti caratteristici che invitano con i loro profumi e i loro sapori, e negozi di piccolo artigianato che allietano e invogliano.

Al termina della strada si arriva alla Chiesa di San Giorgio, una chiesa del XV secolo voluta dai conti Baschi, dove all'interno si possono ammirare affreschi che rappresentano corpi nudi all'ingresso del Paradiso, un affresco che meravigliosamente ha anticipato quello più famoso di Michelangelo. Altri affreschi adornano la chiesa e comunque fa spicco la pala sull'altar maggiore dipinta da Lorenzo di Pietro nel 1455 raffigurante una Madonna con Bambino e santi.

San Giorgio è il patrono della città e ogni anno nei giorni dal 23 al 25 Aprile viene a lui dedicata la festa patronale nella quale tra le altre cose viene svolta la Giostra del Drago, una sfila in costumi prettamente medievali per le vie del borgo rappresentando “la vera storia di San Giorgio” per merito del teatro delle ombre.

E dopo aver percorso questo paese, mangiato e bevuto in sazietà non dovete farvi mancare un tranquillo momento nelle prodigiose acque termali calde di Saturnia che dista da questo borgo a pochissimi chilometri.

Immagini puzzle da web:



APPUNTI PER UNA LETTURA DEDICATI AL PAPA'


IL PADRE DI ARTURO – ELSA MORANTE


Un padre irraggiungibile, quasi sempre lontano, oppure presente con una sua impenetrabilità e un suo mistero che affascinano il figlio, abituato alla solitudine e alla attesa.
Arturo e suo padre sono una coppia stranamente legata.
Vivono a Procida, fuori dell'abitato, in una casa vecchia e quasi abbandonata, in cui da lungo tempo non c'è traccia di una presenza femminile.
Un po' selvaggio, solitario, randagio, Arturo vede in quel suo padre sempre di passaggio un sovrano pieno di gloria. È fiero di lui quando può accompagnarlo, nei suoi rari soggiorni sull'isola, per le strade del paese, in mezzo ai procidani che il ragazzo si immagina ammirati a guardarli.
Arturo e fiero di poterlo imitare nel modo di vestire trasandato, nei gesti, nella sicurezza con cui domina gli elementi naturali.
Così il padre è insieme «una grazia straordinaria », una figura da imitare, un possesso da ostentare.
Mio padre viveva, la maggior parte del tempo, lontano. Veniva a Procida per qualche giorno, e poi ripartiva, certe volte rimanendo assente per intere stagioni.
A fare la somma dei suoi rari e brevi soggiorni nell'isola, alla fine dell'anno si sarebbe trovato che, su dodici mesi, egli forse ne aveva passato due a Procida, con me.
Così, io trascorrevo quasi tutti i miei giorni in assoluta solitudine; e questa solitudine, cominciata per me nella prima infanzia (con la partenza del mio balio Silvestro), mi pareva la mia condizione naturale.
Consideravo ogni soggiorno di mio padre sull'isola come una grazia straordinaria da parte di lui, una concessione particolare, della quale ero superbo.

Credo che avevo da poco imparato a camminare, quand'egli mi comperò una barca. E quando avevo circa sei anni di età, un giorno mi portò al podere, dove la cagna pastora del colono allattava i suoi cuccioli d'un mese, perché me ne scegliessi uno. lo scelsi quello che mi pareva il più indiavolato, e con gli occhi più simpatici. Si rivelò che era una femmina; e siccome era bianca come la luna, fu chiamata Immacolatella. Quanto poi al fornirmi di scarpe, o di vestiti, mio padre se ne ricordava assai di rado.
Nell'estate, io non portavo altro indumento che un paio di calzoni, coi quali mi tuffavo anche in acqua, lasciando poi che l'aria me li asciugasse addosso.
Solo raramente aggiungevo ai calzoni lilla maglietta di cotone, troppo corta, tutta strappata e slentata . Mio padre, in più di me, possedeva un paio di calzoncini da bagno di tela coloniale, ma, fuori di questo, anche lui, nell'estate, noli portava mai altro vestito che dei vecchi pantaloni stinti, e una camicia senza più un solo bottone, tutta aperta sul petto.
Qualche volta, egli si annodava intorno al collo un fazzolettone a fiorami, di quelli che le contadine comperano al mercato per la messa della domenica. E quello straccio di cotone, addosso a lui, mi pare il segno d'un primato , una collana di fiori che attesta il vincitore glorioso!Né io né lui possedevamo nessun cappotto. D'inverno, io portavo due maglioni, uno sull'altro; e lui, sotto, un maglione, e, sopra, una giacca di lana a quadri, usata e informe, dalle spalle eccessivamente imbottite, che aumentavano il prestigio della sua alta statura.
L'uso della biancheria sotto i vestiti, ci era quasi del tutto sconosciuto.
Egli possedeva un orologio da polso (con la cassa d'acciaio, e il bracciale, anch'esso, di pesante maglia d'acciaio), che segnava anche i secondi, e si poteva portare anche in acqua.
Possedeva inoltre una maschera, per guardare sott'acqua nuotando, un fucile, e un binocolo da marina con cui si potevano distinguere le navi che viaggiavano in alto mare, con le figurine dei marinai sul ponte.
La mia infanzia è come un paese felice, del quale lui è l'assoluto regnante!
Egli era sempre di passaggio, sempre in partenza; ma nei brevi intervalli che trascorreva a Procida, io lo seguivo come un cane. Dovevamo essere una buffa coppia, per chi ci incontrava!
Lui che avanzava risoluto, come una vela nel vento, con la sua bionda testa forestiera, le labbra
gonfie e gli occhi duri, senza guardare nessuno in faccia. E io che gli tenevo dietro, girando fieramente a destra e a sinistra i miei occhi mori, come a dire: "Procidani, passa mio padre!"
La mia statura, a quell'epoca, non oltrepassava di molto il metro, e i miei capelli neri, ricciuti
come quelli di uno zingaro, non avevano mai conosciuto il barbiere (quando si facevano troppo lunghi, io, per non esser creduto una ragazzina, me li accorciavo energicamente con le forbici; soltanto in rare occasioni mi ricordavo di pettinar li; e nella stagione estiva erano sempre incrostati di sale marino).
Quasi sempre la nostra coppia era preceduta da Immacolatella, la quale correva avanti, ritornava indietro, annusava tutti i muri, metteva il muso in tutte le porte, salutava tutti.
Le sue familiarità verso i compaesani mi facevano spazientire spesso, e con fischi imperiosi io la richiamavo al rango dei Gerace .
Avevo, così, un'occasione per esercitarmi nei fischi. Da quando avevo cambiato i denti, ero diventato maestro in quest'arte. Mettendomi in bocca l'indice e il medio, sapevo trarre dei suoni marziali .

Immagine web:


LE MARIONETTE – ALBERTO MORAVIA


Svolta la carta con dita impazienti, apparivano un paio di guerrieri corazzati di stagnola brillante, oppure una dama vestita di velluto celeste, oppure un diavolo nero e rosso armato di forca, o un cuoco vestito di bianco.
Luca abbracciava suo padre e poi correva in camera sua a riporre le marionette accanto alle altre che già possedeva, in uno scatolone di legno a scompartimenti.Dapprima aveva cercato di Iarli agire sulla ribalta del minuscolo teatro in azioni sceniche improvvisate, contro lo sfondo di scenari rappresentanti sia una reggia, sia una foresta, sia una prigione.
Ma poi, prevalendo in lui sul gusto disinteressato del gioco la passione del collezionista, si era accontentato di allinearli nello scatolone come un avaro accumula monete in fondo a un cassetto.
Li contava e li ricontava, li accarezzava e li lisciava, li contemplava a lungo, inginocchiato, a terra, poi li riponeva; e questo era tutto.

da La disubbidienze

Il padre costruisce marionette con la carta stagnola per far felice il suo bimbo Il ragazzo colleziona le marionette come un avaro le sue monete.

Immagine web:



AVEVO PAURA DI MIO PADRE – NATALIA GINZBURG

Questo padre con la fronte aggrottata e le sopracciglia arruffate, che non parla, ma urla o meglio «tuona» ordini e critiche, ispira una sacra paura alla figlia, una bambina impacciata, indolente e insicura: una paura tanto grande da non avere il coraggio di rivolgergli mai la parola.


Mio padre... non voleva che uscissi sola. A scuola mi doveva accompagnare la donna di servizio, che tanto, come lui diceva sempre, «non aveva mai niente da fare». «Guai a te se la mandi a scuola sola», aveva urlato a mia madre: e mia madre gli aveva assicurato che m'avrebbe sempre accompagnato la donna. Mentiva; e io me ne accorsi.
Sapevo che a mio padre si dicevano, ogni tanto, delle bugie: era necessario, perché lui aveva, come ripeteva sempre mia madre, «un gran brutto carattere», e le bugie servivano a dare a noi tutti un po' di respiro, a difenderci dai suoi molteplici comandi e divieti .
lo però mi ero accorta che le bugie dei miei fratelli a mio padre avevano qualche probabilità di durata; ma le bugie che gli diceva mia madre, nascevano malate d'un'intima gracilità, e si estinguevano nello spazio d'un giorno.
Quanto a me, non dicevo bugie a mio padre semplicemente perché non avevo il coraggio di rivolgergli mai la parola: avevo di lui una sacra paura.
Se accadeva che mi chiedesse qualcosa, gli rispondevo a voce tanto bassa, che lui non capiva e
urlava che non aveva capito: mia madre gli diceva allora cos'avevo detto, e le mie parole, nel!a voce di mia madre, mi sembravano una miseria; facevo un sorriso largo e stupido: il sorriso che s'apriva sulla mia faccia, quando sentivo tremare in me la paura e la vergogna d'aver paura.
Ero persuasa che mio padre avrebbe presto scoperto che a scuola non mi accompagnava nessuno: la sua collera usava abbattersi sulle bugie di mia madre con la furia d'una bufera: e io odiavo d'essere all'origine d'una lite fra i miei genitori: era la cosa che odio e temevo di più al mondo.
Pensai che la mia vita passata, quando non andavo a scuola, era stata assai dolce.
Era certo la vita d'un impiastro: ma come l'amavo nella memoria.
Mi alzavo tardi, e facevo bagni lunghi e caldissimi, disubbidendo a mio padre, che esigeva e credeva che io facessi il bagno freddo in ogni stagione.
Poi mangiavo a lungo frutta e pane; e con un pezzo di pane mi mettevo a leggere, stando carponi sul pavimento. Mi dicevo a volte che fra le grandi sventure che potevano colpirmi, una era che mio padre decidesse di non lavorare più nel suo istituto, dove passava le giornate vestito d'un camice grigio; ma portasse invece la sua roba a casa, il camice, il microscopio e i vetrini su cui studiava;
e allora tutte le cose che io facevo al mattino mi sarebbero state proibite, dai bagni caldi al pane mangiato leggendo e per terra.
Non ero studiosa. Mio padre ai miei studi non s'interessava, avendo, come spesso dichiarava, «altro da pensare»; lo preoccupavano invece gli studi d'un mio fratello, maggiore di me di qualche anno «che non aveva voglia di far niente», cosa che a lui faceva «perdere il lume degli occhi».
Mia madre lo informava ogni tanto che io «non capivo l'aritmetica», ma questa notizia non sembrava scuoterlo.
Usava però tuonare in generale contro «la poltroneria»: e le mie mattinate erano pura poltroneria, e io lo sapevo e lo pensavo, mangiando pane e leggendo romanzi con un vago senso di colpa e con profondo piacere.
Quando arrivava la maestra, mi tiravo su con le ginocchia formicolanti, e la testa confusa; sedevo con lei al tavolo, e le offrivo i miei compiti monchi e sbagliati.
S'arrabbiava e mi sgridava, ma io non avevo paura: essendo avvezza alle collere di mio padre,
le sgridate della maestra Tedem erano per me un tubare di colomba.
Fissavo il suo cappello di feltro, le sue perle, il suo foulard di seta; nessun soffio di paura saliva a me dal suo chignon puntato con forcine di tartaruga dalla borsa che aveva posato sul tavolo e che assomigliava alla borsa di mia madre.
Il terrore aveva per me i tratti di mio padre: la sua fronte aggrottata, le sue lentiggini, le sue lunghe guance rugose e scavate, le sue sopracciglia arruffate e ricciute, la sua torva spazzola rossa.

Immagine web:



IL VANGELO DELLA DOMENICA


IV Domenica del Tempo di Quaresima

Colore liturgico: Viola


Gv 9, 1 - 41


Andò, si lavò e tornò che ci vedeva

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

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PENSIERI DEL GIORNO


Tu puoi aver pace, soltanto se la dai”

Marie von Ebner-Eschenbach


Il segreto della felicità, non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa.”


Lev Tolstoj – Inediti


Il linguaggio è stato lavorato dagli uomini per intendersi tra loro,

non per ingannarsi a vicenda.”

Alessandro Manzoni – La rivoluzione francese



RICETTA DOMENICALE DI NONNA LINA


TORTELLI DI MONTEMERANO


Non posso rimanere indifferente a una ricetta che rappresenta davvero tutta la Maremma, una semplice ricetta casalinga che viene tramandata da generazione in generazione e che nella sua semplicità e nei suoi naturali ingredienti ne offre quel giusto sapore da accarezzare il palato e saziare lo stomaco, tali da non potersene dimenticare e averne ancora la voglia di mangiarne.


Per l'impasto io vi accenno alcune dosi basilari, non sto a spiegarvelo, oggi potete benissimo fare la pasta con la pastiera elettrica, e comunque la cosa che più mi raccomando è di “tirare” bene la pasta, purchè non sia propriamente fina ma neppure grossolana, quella via di mezzo che noi massaie di una volta sappiamo conoscere a memoria e tatto.


500 gr di farina bianca 0


4 o 5 uova e naturalmente un pizzico di sale


L'importanza di questa ricetta sta comunque anche e soprattutto nel ripieno, che deve essere fatto con prodotti assolutamente genuini e naturali, perciò io indirizzo sempre, quando si fanno queste particolari ricette, di rivolgersi a un fruttivendolo o ortolano del paese per ottenere un fresco prodotto che spesso ha origini locali.


400 gr di spinaci e erbette ( noi gli chiamiamo “erbi” che io personalmente ho ancora la pazienza e la forza di potermele procurare passeggiando nei i campi che circondano la mia casa), e qualche foglia di bietolina o bieta come la chiamate.


300 gr di ricotta di pecora ( anche qui vi consiglio trovarla più fresca e genuina possibile, solitamente in alcuni negozi di formaggi specializzati potreste trovarla di quella “del pastore”) che deve essere ben scolata e asciutta.


2 uova


un 5 cucchiai di parmigiano grattugiato


noce moscata, sale e pepe



Lavate accuratamente tutte le verdure, io nell'ultimo risciacquo aggiungo una puntina di bicarbonato per disinfettarle, poi fatele lessare in una pentola capiente avendo cura di aggiungere soltanto pochissima acqua. Una volta cotte, scolatele ben bene e meglio sarebbe lasciarle nel colino fin tanto che non si sono raffreddate. Poi le tritate con un coltello e le mettete in una terrina dove aggiungerete a quel punto le uova, la ricotta, il parmigiano, il sale e pepe o spezie varie.


Dalla sfoglia che avrete preparato anticipatamente, ricavate delle strisce regolari poi con un cucchiaino prendete un poco dell'impasto delle verdure e lo ponete sulla striscia della sfoglia e continuate così avendo cura di distanziare l'impasto di circa otto o nove cm. Una volta ultimata una prima striscia la “chiudete” ripiegando la sfoglia su se stessa e con le dita pigiate l'intorno in modo di serrare bene il ripieno, tagliate con la rotella dentata e ponete i “tortelli” su un vassoio ricoperto di farina di mais.

Cuocete i tortelli in abbondante acqua salata per circa 10 minuti , poi con la schiumarola abbiate cura di scolarli e depositarli su un piatto di portata condendoli..........

E qui devo fare un appunto particolare, perchè questi meravigliosi tortelli hanno la particolarità che possono essere usati come un primo davvero eccellente e allora li condiamo con del buon ragù di carne, o se volete restare leggeri sono buoni anche con una vellutata di pomodori o pomarola, ma vi garantisco che potete anche servirli come dolce, perchè una volta scolati li indorate con una pioggia di zucchero misto a cannella e il gusto sarà prelibatissimo.

Nonna Lina

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IL MOTIVO DEL GIORNO


Per la festività del Papà


Mio Padre – Riccardo Cocciante



L'OPERA D'ARTE DELLA DOMENICA


Leggendo la lettera – Pablo Picasso c.1921




Segni zodiacali del mese: PESCI dal 20/2 al 20/3


ARIETE dal 21/3 al 20/4






domenica 12 marzo 2023

ALMANACUS DOMENICALE - 12 MARZO

ALMANACUS DELLA DOMENICA


Oggi è Domenica 12 Marzo della seconda settimana di questo mese e decima settimana di questo anno.

Il sole sorge alle 6:426 e tramonta alle 18:13

La luna tram.08:40 e sorge alle 23:38

Fase Lunare : Gibbosa calante

La prossima luna piena ci sarà il 6 Aprile



SCOPRIRE L'ITALIA


BUONCONVENTO (SI)


Lungo la via Cassia, poco distante dall'imperiosa Siena, nel centro toscana, tra dolci colline si trova questo antico borgo che vanta la sua conoscenza già dal XII secolo. Circondato interamente da mura, che ne danno quel fascino medievale caratteristico dei borghi del centro Italia, la storia del paese passa come tanti dal dominio di Siena ai Medici di Firenze, un borgo dove la cultura contadina ancor oggi è dominante per la fortunosa posizione di una terra fertile bagnata da ben due fiumi, l'Ombrone e l'Arabia. Il poeta Thomas Gray che ne suoi viaggi verso Roma aveva avuto modo di passare da qui, così si espresse in una lettera inviata alla madre: “ Avrai la più bella vista di questo mondo”., e ancora è difficile smentirlo.

Buonconvento, come già dal nome si può presumere, è stato un vero ristoro per i pellegrini che percorrevano la Via Francigena per raggiungere Roma.

Si vive ancora nel suo interno, quel clima e sapore di vita tranquilla e solare, di lento scorrere medievale, racchiuso in quella cinta muraria trecentesca, sembra svilupparsi tra due ben distinte strade, la principale, Via Soccini, in ricordo di un'antica famiglia, dove è possibile ristorarsi tra fumanti caffetterie e allettanti osterie e dove dominano quasi tutti i più importanti edifici del borgo, come il trecentesco Palazzo Pretorio alla cui facciata vi sono murati ben 25 antichissimi stemmi podestarili, la Torre Civica annessa che due archi gotici e un orologio che domina

dalla torre che connesso alla campana dominante scandisce ogni ora, poi troviamo il Palazzo Comunale, e tanti altri palazzi appartenenti a antiche e nobili famiglie come il settecentesco Palazzo Taja di cui spicca un'antica meridiana. Sempre su questa bellissima via si incontra la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, forse del mille ma interamente ristrutturata intorno al '700, in tipico stile barocco senese al cui interno rimane poco da vedere perchè le sue opere più importanti furono trasferite nel Museo di Arte Sacra, che vale la pena di essere visitato per trovarvi opere dei grani Duccio di Boninsegna, Sano di Pietro, Pietro Lorenzetti, Matteo di Giovanni e altri ancora della famosa e importante scuola senese, museo ospitato nell'ottocentesco palazzo Ricci-Socini con una facciata che sorprende in questo trecentesco borgo, tutta in stile liberty. Per gli amanti della storia possiamo nominare che dentro questa chiesa vi sono conservati i resti, e precisamente sotto l'altare di Sant'Antonio, dell'imperatore Arrigo VII che ivi trovò la morte.

L'altra importante via è Via Oscura la cui caratteristica sono i sovrappassi con una successione di archi che creano così con i raggi del sole e la luce del luogo un gioco tra ombre e colori davvero suggestivo. I “chiassi” così nominate le vie adiacenti al centro, ancora possiedono un selciato medievale e è davvero grandioso percorrerli e sentire lo scandire dei nostri passi. Il fascino di questa strada sta proprio in questo vero e toccante tuffo nell'antico, un incantevole trapasso di tempo dal quale pare difficile poi distaccarsene. Da non dimenticare l'antica porta del borgo, Porta Senese, che si trova al termine della via Soccini, che insieme all'altra, Porta Romana, purtroppo distrutta nell'ultima guerra, erano le uniche vie d'accesso a Buonconvento.

E tra questi rumori di vita medievale, tra questi profumi di terre fresche e rigogliose, tra questa luce di un sole prettamente toscano, non ci resta che approfittare di rendere lieto il palato e il fisico, con l'assaggiare il tartufo bianco delle colline senesi, il pecorino toscano DOP e la carne della cinta senese e la tipica panzanella o la pappa al pomodoro se non la caratteristica e famosa ribollita. Il tutto naturalmente “annaffiato” con un buon bicchiere di vino d'Orcia DOC senza naturalmente abusarne.

Immagini Puzzle da web



APPUNTI PER UNA LETTURA


IL BARONE RAMPANTE

(Italo Calvino)


Per la ricorrenza dei cento anni dalla sua nascita, di questo meraviglioso scrittore, voglio accennarvi, se ancora non avete avuto l'occasione di leggerlo, questo meraviglioso libro di una forza moderna e attuale da sconvolgervi.

Ho detto che non voglio e non voglio!” queste sono le parole di un ragazzino , undicenne, Cosimo Piovasco nel rifiutarsi di mangiare un piatto di lumache e in questo dire sarà il fare ancora più interessante.

Da questo momento decide con fermezza e cocciuta decisione di vivere sopra un albero e non scendervi più.

E da questo momento di contestazione si passa a trascorrere da parte di questo giovane, un correre di vita con i suoi rapporti con il mondo visto dall'albero, dove avrà persino la fortuna di vedersi passare di sotto il grande Napoleone, e dove pure avrà una storia d'amore con la viziata e bella ragazza Viola.

Il libro scorre bene ed è davvero fantasioso e originale, ma la vera importanza, la morale, se vogliamo, è determinazione con cui l'autore tende a sottolineare, la forza dei giovani, la loro libertà d'esprimersi e d'espressione, la loro tenacia, ed è a loro che è affidato il futuro.

Cosimo, il protagonista, quando decise di non scendere più da quell'albero, lo decise con profonda fermezza, ma i genitori, come tutti i genitori del mondo, titubarono e quasi lo lasciarono fare..... “Quando sarai stanco di star lì cambierai idea” gli disse il padre....ma lui l'idea non la cambiò mai.

Libertà significa, intende Calvino, abbattimento di quell'ottusità propria delle persone, delle loro abituali convenzioni, della loro “paura” della “diversità” , del cambiamento. “Diverso” questa parola che definisce tutto quanto non rientra nei nostri schemi e che ci libera dal riflettere e ragionare così da giudicare apertamente e semplicemente.

Cosimo rifiutando le lumache rifiuta la tradizione e accetta la sfida dell'uomo nuovo che deve cambiare l'ambiente che lo circonda, che deve provare a trovare nuove idee per costruire un nuovo mondo e che sià più giusto. Soltanto dalla matura e sapiente gioventù, dalla loro ferrea volontà e dalla loro forza si può pensare di avere un futuro “diverso” ovvero migliore.


Immagine web: Copertina del libro



IL VANGELO DELLA DOMENICA


III Domenica del Tempo di Quaresima

Colore liturgico: Viola


Gv 4, 5 - 42


Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna


In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Immagine web: Giovanni Lanfranco - Cristo e la Samaritana al pozzo




UN FUMETTO O CARTOONS

TARZAN

Allettati forse dai precedenti successi editoriali che a partire dal 1912 ne fecero la fortuna dello scrittore Edgar Rice Burroughs, i due grandi disegnatori Burne Hogarth e Harold Foster (dal 1929 al 1950)si alternarono nella produzione del più fantastico personaggio fino ad allora esistito, ovvero la nascita del fumetto d'avventura con l'eroe della giungla, Tarzan. La storia narra che la coppia di due esploratori naufragano sulle coste dell'Angola e una volta a riva si addentrano nella giungla africana dove tentano di sopravvivere. Mettono al mondo un bambino a cui viene dato il nome del padre, John, ma poco dopo la violenta vita tra animali feroci e gli stenti fecero si che i genitori morissero e il piccolo venisse fortunatamente e meravigliosamente “adottato” dalle scimmie. Con loro crebbe imparando così a parlare con gli animali e a sviluppare le sue doti fisiche divenendo così una specie di re della giungla. Le avventure di Tarzan sono basate appunto su lui grande amico degli animali che dovrà lottare contro le più incredibili ingiustizie, contro imprudenti e licenziosi esploratori, un accanito difensore della natura e degli animali. Un vero paladino della giustizia.

Immagine web: Una copertina del fumetto



UN FILM ANNI ‘80


GHANDI


Tratto dal libro “In Search of Gandhi” il regista Attenborough riesce a condensare in quasi tre ore di spettacolo, l'intera vera vita del grande Mohandas H.Gandhi, colui che fu l'artefice dell'indipendenza indiana e profeta assoluto della non violenza. Un film davvero imperioso ma altrettanto scorrevole e ben sviluppato con la magistrale e premiata interpretazione dell'attore di origini indiane, Ben Kingsley. Un messaggio gandhiano che scaturisce da ogni scena e da ogni parola, un lungo viaggio che ci fa conoscere la forza interiore di questo grande e al tempo stesso fragile uomo, fragilità del corpo spesso messo a repentaglio con le infinite guerre di digiuni, e grande per il suo spirito e la sua mente. Davvero un film da rivedere chi nel 1982 ha avuto la fortuna di vederlo nei grandi schermi o comunque da vedere a chi ancora non lo avesse fatto.




PENSIERI DEL GIORNO



Gustate e vedete quanto è buono il signore”

(Salmo 34,9)


In questa generazione ci pentiremo non solo per le parole e per le azioni delle persone cattive, ma per lo spaventoso silenzio delle persone buone.”

(Martin Luther King)



Non conosco altro segno di superiorità per l'uomo se non la bontà.”

(Ludwig van Beethoven)



RICETTA DOMENICALE DI NONNA LINA


MINESTRA DI RISO E FAGIOLI


Sono troppo attaccata alle mie tradizioni, ai miei sapori, al mio cucinare di tutti i giorni che non posso enunciarvi una ricetta di altre regioni, perchè sarebbe come fare un copia – incolla, io invece tendo a nominarvi quelle ricette che mi trovo a fare abitualmente, giornalmente, ormai da tantissimi anni, e stamani vi propongo questa che a mio parere si può considerare un piatto unico. E' semplice nell'eseguirla anche se i tempi magari sono un poco lunghi nella preparazione ma vi garantisco che la prelibatezza del piatto vi sarà di ringraziamento per la vostra dedizione.


Partiamo dagli ingredienti:

300gr di fagioli secchi borlotti (preferisco quelli secchi perchè mantengono più sapore e sostanza)

500gr di riso

mezza cipolla

mezza carota

1 piccola costa di sedano

4 pomodori tagliati a filetti ( se avete dei pomodorini pachini, ancora più gustosi allora consideratene 6)

una o due foglie di salvia

uno spicchio d'aglio.

un poco di peperoncino ( a piacere il pepe)

olio Evo

formaggio parmigiano grattugiato.


La sera prima mettete a molle ( mettete a bagno) i fagioli, al mattino seguente dopo averli scolati e risciacquati ben bene, cuoceteli in una pentola con acqua, le foglie di salvia e lo spicchio d'aglio nudo, appena prendono il bollore abbassate il fuoco e portateli a cottura lentamente.

Una volta cotti, toglieteli dal fuoco e salateli, poi lasciateli in pentola.

In un'altra pentola o marmitta, mettete un poco d'oli Evo, tutte le verdure a pezzi, il peperoncino (o pepe) e i pomodori che avrete precedentemente affettato. Soffriggete un poco il tutto poi aggiungete i fagioli scolati, mescolateli con il condimento e bagnate il tutto con l'acqua di cottura, appena riprenderà il bollore versatevi il riso. Cuocete per circa 20 minuti, nel frattempo se vedete che l'impasto si addensa troppo aggiungete ancora dell'acqua di cottura. Mescolate spesso e appena il riso sarà cotto potete servirla calda con una bella irrorata di parmigiano grattugiato. Buon appetito.


Nonna Lina

Immagine web:



IL MOTIVO DEL GIORNO


Per i bambini e pure per i grandi


Bruno Lauzi – La tartaruga




L'OPERA D'ARTE DELLA DOMENICA


Madonna con Bambino – Giuseppe Bertini ( Musei del Vaticano – Città del Vaticano)



Segni zodiacali del mese: PESCI dal 20/2 al 20/3


ARIETE dal 21/3 al 20/4




ALMANACUS DOMENICALE - 5 NOVEMBRE

ALMANACUS DELLA DOMENICA Oggi è Domenica 5 Novembre quarantaquattresima settimana dell'anno e prima del mese Il sole sorge alle 06:46 e ...