ALMANACUS SPECIALE - PALIO DI SIENA
ALMANACUS SPECIALE - PALIO DI SIENA
Oggi è Domenica 30 Giugno ventiseiesima settimana dell'anno e quinta del mese
Il sole sorge alle 05:37 e tramonta alle 20:50
La Luna sorge alle 01:22 e tramonta alle 15:14
Fase Lunare : Ultimo Quarto (39%)
La prossima luna piena ci sarà il 21 Luglio
Antica locandina che annuncia il tradizionale Palio di Siena del 2 Luglio
(in onore della Madonna di Provenzano)
SCOPRIRE L'ITALIA
SIENA
ovvero PIAZZA DEL CAMPO
Simbolo e icona della città, la meravigliosa Piazza del Campo è vanto di tutti i cittadini di Siena e punto focale di ogni loro manifestazione, sia culturale che sociale e economica, fulcro di una ancor più importante via che attraversa la città, la Francigena (la via dei pellegrini che scendevano per devozione verso Roma),, un vanto che ogni anno per ben due volte diventa protagonista di un evento che non ha eguali in tutto il mondo e che da tutto il mondo è ammirato e glorificato, ovvero il 2 Luglio e il 16 agosto per il Palio delle Contrade, il primo dedicato alla Madonna di Provenzano e l’altro alla Madonna dell’Assunta .
Verso la fine del XII secolo e l’inizio del XII avvenne un grande ampliamento delle mura, e nel punto d’incontro dei tre nuclei principali, Terzo Camollia, Terzo San Martino e Terzo Città, dove si forma un disegno a Y (detto Croce del Travaglio) vi sorse il Campo che era esplicitamente riservato al mercato. Verso il XIII secolo fino ai primi del Trecento, venne progettata e terminata la forma a “conchiglia” che la caratterizza, con quel suo caratteristico declino verso il centro.ed ha una circonferenza di circa 333mt e vi accedono una dozzina di strade. La cavea è suddivisa in nove spicchi riferentesi all’antico Governo dei Nove, rintracciabili dalle strisce bianche che risaltano sul fondo in cotto.
Con la costruzione del Palazzo Pubblico (intorno al 1297) sede della Repubblica di Siena, la piazza assume anche il valore civico e politico della città intera e la famosissima torre civica , la Torre del Mangia, affiancata al palazzo stesso, eleva verso l’alto l’importanza della piazza e la sua identificabile figura la caratterizza. Questa fu costruita intorno al XIV secolo e pare che il nome gli venga da Giovanni di Balduccio, soprannominato “Mangiaguadagni” ( in quanto sperperava facilmente i suoi denari) che fu il primo e unico battitore d’ore della torre, in quanto il primo orologio che vi fu posto nel 1360 fu sostituito dopo pochi anni da uno più sofisticato con meccanismo meccanico.
La torre svetta per ben 87 metri dalla base fino a raggiungere i 102 con il parafulmine ( per raggiungere la cima si devono salire “soltanto” 4oo scalini) , ha alla sua sommità la torre campanaria con le sue logge per le campane che scandivano le ore del lavoro e della vita sociale.
Nel 1344 fu posta la prima campana “del popolo” fusa anni più tardi in una più grossa denominata “campanone” . Fusa per altre volte si giunse fino al 1831 quando avendo subito nuovamente nuovi danni e ritenendo altresì molto costoso farne una nuova fusione, fu “tamponata” la ferita bronzea, ed ancora oggi è ben visibile, compromettendone però la pulizia del suono che adesso è piuttosto “roco”.
Nella piazza troviamo la Cappella di Piazza realizzata in marmo e dedicata alla Madonna per lo scampato pericolo della peste nera del 1348, il Palazzo Chigi-Zondalari, il Palazzo Sansedoni, La Loggia della Mercanzia, le Case de Metz e il Palazzo del Pannocchieschi d’Elci contraddistinto dai merli guelfi, che fu, nel XIII secolo, sede del governo senese.
Nella parte superiore opposta alla Torre del Mangia, troviamo la Fonte Gaia, la prima fonte che venisse costruita nella città (XIV secolo), fu poi decorata intorno al 1409 e 1419, dal concittadino Jacopo della Quercia.
Ed è su questa piazza che a giorni, ovvero il prossimo 2 Luglio si effettuerà l’ennesimo e sorprendente Palio delle Contrade dedicato alla Madonna di Provenzano e già in questi giorni la città tutta è impegnata ai preparativi sia folkloristici, sia strutturali come la preparazione del tufo sulla omonima piazza dove correranno i cavalli (barberi).
Foto by Errebi (Roberto Busembai)
LA TRASFORMAZIONE DI UNA PIAZZA
FEDERICO TOZZI E LA SUA SIENA
Siena è come tante strisce dritte di tetti e di facciate, della stessa altezza; che si alzano invece all’improvviso dove le case vengono più in fuori, pigliando un poco di poggetto. Ma San Francesco e Provenzano, con spicchi di case in mezzo, da un’altra parte della città, taglierebbero quelle strisce quasi ad angolo retto se in quel punto la pendenza non fosse più ripida.E le mura della cinta, trattenute dalle loro torrette smozzicate e vuote, lasciano un gran spazio libero; venendo fin giù alla strada; come una corda allentata.Poi, la strada gira troppo sotto la cinta; e Siena non si vede più ma dopo un poco ritorna; con le case ammucchiate alla ridossa.E la Torre del Mangia pare che si spenzoli, su alta nel cielo, dalle mura. Il cavaliere disse: «Si volti a vedere com’è bella la nostra Siena!».
[…] Lo portò a guardare Siena; dal muricciolo della Fortezza. Gli disse: «Venga a vedere come, a quest’ora, i colori sono più belli che la sera. Io me ne sono convinto venendo qui la mattina e il giorno». Viene subito alla vista un gran rigonfio di case; e, dentro, la Cattedrale.
In Fontebranda, le case invece si biforcano, lasciando in mezzo uno spazio vuoto. Stanno come attaccate e schiacciate sotto la Cattedrale; a strapiombo su gli orti e su la campagna. Poi si abbassano sempre di più fino a sparire, sotto una balza; e allora si vedono soltanto i tetti. Quelle più grosse reggono le altre; e non è possibile capire dove sono le vie; perché le case paiono separate l’una dall’altra da spacchi e da tagli quasi bizzarri, alla rinfusa; a crocicchi rasenti, contrari, di tutte le lunghezze e di tutte le specie. E i tetti, in quelle picce e in quegli arrembamenti, in quelle spezzettature di ogni forma, sono sempre più rari di mano in mano che le case si spargono per le chine. La campagna era d’un’ampiezza, che non finiva mai; e Siena, in quel silenzio, quasi taciturno ma soave, sembrava tutta raccolta in se stessa e inaccostabile. Mentre le cime più lontane, fino alle Cornate di Gerfalco, si sbandavano e riempivano l’orizzonte sperduto. Giulio guardò con avidità: non mai, come allora, aveva amato la sua Siena e ne fu orgoglioso.
(Federico Tozzi da Le tre croci)
Immagine web
PALIO DI SIENA
Le origini di questa festa tradizionale sono molto lontane, e non sono comunque molto note e ben definite; il primo documento che attesti del Palio è un manoscritto anonimo che risale al 1200 e specifica un regolamento di un corteo e descrive una festa durante la quale le Contrade ed i Maggiorenti di Siena facevano l’offerta al Vescovo e al Comune di due ceri in atto di dipendenza, e dopo questo rito si nominano dei tornei cavallereschi e relative corse di cavalli che venivano svolti subito dopo la cerimonia di sudditanza.
Col passare degli anni,con la caduta del Governo Comunale, la cerimonia di sudditanza dei ceri non aveva più il suo valore e perciò decadde ma il “torneo” assunse sempre più importanza e valore tanto d’arrivare ai giorni nostri.
La data del 2 Luglio è assolutamente ignota, ma una delibera della Biccherna, che nel 1659, accettava la proposta dei Deputati della Festa di Provenzano, stabiliva che ogni anno si corresse il Palio proprio in onore della Visitazione di Maria a S. Elisabetta che ricorreva appunto in quel giorno e che proprio in quella data ricorre anche il miracolo della Madonna di Provenzano cui venne innalzata una magnifica basilica, fece si che la corsa del 2 Luglio fosse a Lei dedicata.. Quella del 16 agosto è ben delineata da un atto Comunale della città di Siena datato 1310 a firma del Generale Consellio de la Campana e con l’autentifica del notaio ser Fone da Sancto Geminiano, ordinante l’istituzione di una grande festa in onore della Vergine Assunta, con fine pecunario al vincitore di ben 500 libbre di denari.
Per consuetudine, fino al 1656 , per la festa del 2 Luglio venivano eletti tre cittadini senesi (Signori del Brio) che con uno sborso forzoso di 30 talleri ciascuno supplivano alle spese per il premio della corsa che consisteva in 60 talleri, il rimanente si aggiungeva per la corsa del 16 Agosto più il contributo del Comune. Nel tempo la consuetudine del tributo fu abrogata, ma resta tutt’ora ferma quelle dei Signori che oggi vengono denominati Deputati.
Varie sono state le modifiche nel tempo fino a giungere alla data del 1632 i cui aspetti e svolgimento ancora oggi si fa riferimento.
Le contrade senesi sono diciassette ma soltanto dieci sono ammesse a partecipare al Palio; di esse sette corrono “d’obbligo” (a turno) mentre le altre tre vengono sorteggiate.
Data la singolarità della Piazza del Campo, far partecipare tutte le diciassette Contrade procurerebbe vari inconvenienti, come è già accaduto nelle poche volte che si sono fatte partecipare tutte insieme, ecco il perché della decisione delle dieci più ulteriori tre a sorte.
I cavalli non sono assolutamente di proprietà delle contrade ma vengono loro affidati tre giorni prima dell’incontro e hanno il dovere di custodirli e amarli più di se stessi. Ma è spontaneo l’amore di tutta la contrada verso l’animale perché è lui in fondo quello che sarà il vero protagonista e “vincitore” e a lui tutto il loro prestigio, fede, sviscerato sentimento amorevole è riversato e si riverserà.
Questi vengono presentati a un veterinario del Comune e quelli prescelti e ritenuti validi vengono fatti correre in batterie di quattro o cinque per volta sulla piazza del Palio e i capitani delle Contrade ne sceglierano i fatidici dieci.
Verrà così preso in consegna dallo stalliere della Contrada (il Barbaresco) che lo dovrà trattare con tutte le possibili cure, se il cavallo disgraziatamente muore, la Contrada è obbligata a ritirarsi dalla competizione e a prendere il “lutto”. Durante il corteo storico che sfilerà il giorno del Palio, la Contrada in lutto dovrà ugualmente sfilare ma con le bandiere abbrunate e i paggi porteranno su un vassoio d’argento gli zoccoli del cavallo morto.
Nel primo pomeriggio della data prefissata, 2 Luglio e 16 Agosto, si da inizio alla grande sfilata aperta da mazzieri, trombettieri, vessilliferi che indossano costumi quattrocenteschi, seguono i personaggi di ogni Contrada, paggi e tamburini, alfieri che reggono il vessillo della Contrada e altri ancora…..tutti compiono un giro completo intorno alla piazza e il passo sarà scandito dalle trombe, dal rullo dei tamburi e “Sunto”, mentre il campanone del Mangia leverà il suo scampanio.
Terminata la sfilata, dal cortile del Palazzo del Podestà, escono i cavalli montati dai relativi fantini indossanti i colori della Contrada a cui appartengono, di allineeranno dietro la fune (canapo) della partenza e quando il mossiere deciderà che l’allineamento è perfetto, staccherà il canapo e inizierà la furente corsa di ben tre giri. Vince naturalmente chi arriverà per primo e pure se il cavallo “è scosso”, ovvero senza fantino, la Contrada che gli appartiene è degna della vittoria.
Alla Contrada vincitrice oltre i fasti e la gloria viene consegnato il “cencio” o il drappellone, uno stupendo vessillo interamente dipinto dai più notevoli e famosi artisti, ogni anno e ogni Palio ha il suo “particolare”, e sarà poi ben custodito nella sede sociale della Contrada appunto vincente.
LE 17 CONTRADE
NOBILE CONTRADA DELL’AQUILA
Dal 1788 ha istituito la sua chiesa in quello che fu l’oratorio della Congregazione dei Tredici fratelli del Casato , detto appunto dei Tredicini, San Giovanni Battista.
Il titolo di nobile è stato concesso dagli Asburgo per la calorosa accoglienza che la Contrada riservò all’imperatore Carlo V nell’Aprile del 1536 in visita appunto di Siena.
SIMBOLO – Un’Aquila bicipite con simboli imperiali (corona sulle due teste, globo, spada e scettro negli artigli) e Sabaudi (sole d’oro con le iniziali U.I. nel petto).
COLORI – giallo oro con liste nere e azzurre
SEDE E MUSEO – Casato di Sotto, 49
LA CHIESA – San Giovanni Battista, già dei Tredicini
MOTTO
“ Dell’Aquila il rostro, l’ugna e l’ala”
Il titolo nobiliare gli venne conferito in merito al fervido rovesciamento per merito della Contrada, del governo dei Dodici mettendo alla guida della città il Monte del Popolo che era vicino agli ideali della repubblica di Siena nel 1371 e anche per aver contribuito alla disfatta di Carlo IV di Boemia nell’avvenuto scontro del 1369 alla Croce di Travaglio.
La sede in un piccolo oratorio dove istituirono una propria Congregazione, dedicato al Nome di Gesù.
SIMBOLO – Un Bruco al naturale, coronato, passante su di un ramoscello di rosa; sopra l’animale, croce Sabauda inquadrata d’argento e di rosso.
COLORI – Giallo e verde con liste turchine
SEDE E MUSEO – Via del Comune,44
LA CHIESA – Oratorio del Santissimo Nome di Gesù
MOTTO
“ Come rivoluzion suona il mio nome”
La Contrada è già nominata nel 1482 da Sigismondo Tizio in quanto i contradaioli costruirono una grande macchina a forma di chiocciola che portarono in giro per la città con all’interno nascosti dieci giovani, recantesi per una “pugnata” nel Campo.
L’oratorio da loro edificato fu dedicato alla Madonna del Rosario ( che adesso è l’attuale casa del cavallo) mentre la chiesa è quella dedicata agli apostoli Pietro e Paolo.
SIMBOLO – Una chiocciola passante nel campo d’argento seminato di U e di M alternate a rosette di Cipro rosse e bianche
COLORI – Rosso e giallo con liste turchine
SEDE E MUSEO – Via San Marco, 37
LA CHIESA – Santi Apostoli Pietro e Paolo
MOTTO
“ Con lento passo e grave nel campo a trionfar Chiocciola scende”
La Contrada ha il vanto del priorato in quanto ospitò nel 1894 le prime riunioni dei Priori delle 17 consorelle che istituirono il Magistrato delle Contrade. Nel Palio del 1673 la Contrada ricevette il premio per il carro più elegante e sontuoso che aveva sfilato il 2 Luglio in quanto avevano dedicato il loro macchinario alla dea Minerva essendo appunto la Civetta l’animale sacro a questa dea.
Nel XVIII secolo la Civetta dovette abbandonare la sua chiesa iniziale e trasferirsi in quella medievale di San Cristoforo patrocinata dalla famiglia Tolomei dove aveva edificato un altare dedicato a Sant’Antonio da Padova.
SIMBOLO – Una Civetta coronata appollaiata su un ramoscello e due piccoli stemmi con le iniziali Sabaude U e M alternati con le insegne delle Compagnie Militari
COLORI – Nero e rosso con liste bianche
SEDE E MUSEO – Castellare degli Ugurgieri
CHIESA – Sant’Antonio da Padova
MOTTO
“Vedo nella notte”
CONTRADA DEL DRAGO
Due donne caratterizzano la storia di questa Contrada, una Virginia Tacci che fu la prima a correre un Palio proprio con i colori di questa Contrada nel 1581, che pur non avendolo vinto è diventata icona e personaggio leggendario. L’altra, Maria De Maria, per la prima volta dipinse il drappellone nel 1921 che fu vinto appunto dal Drago.
SIMBOLO – Un Drago volante coronato, recante appoggiato all’ala un pennoncello azzurro con la lettera U
COLORI – Rosso e verde con liste gialle
SEDE E MUSEO – Piazza Matteotti, 19
CHIESA – Oratorio di Santa Caterina da Siena già delle Monache del Paradiso
MOTTO
“Il cor che m’arde divien fiamma inbocca”
CONTRADA IMPERIALE DELLA GIRAFFA
Il titolo di Imperiale venne conferito alla Contrada della Giraffa da Vittorio Emanuele III perché essa vinse il Palio del 2 Luglio del 1936 che era dedicato all’Impero. Essa è una delle prime contrade che con un carro a forma di giraffa sfilò per le strade cittadine nel 1482.
SIMBOLO – Una Giraffa retta da un “moro”; sopra l’animale una faccia rossa con il motto: “Humbertus I dedit”
COLORI – Rosso e bianco
SEDE E MUSEO – Via delle Vergini, 18
CHIESA – Cripta della basilica di Provenzano, oratorio della Congregazione del Suffragio
MOTTO
“Più alta la testa più alta la gloria”
CONTRADA SOVRANA DELL’ISTRICE
Il titolo di sovranità della Contrada dell’Istrice è molto recente, infatti gli è stato conferito nel 1980 dal Sovrano Ordine Militare di Malta che aveva avuto sede nel suo territorio fino al XIV secolo.
SIMBOLO – Un Istrice coronato su un ristretto di terra; due rose di Cipro ai lati della corona e, sotto l’animale, il nodo Sabaudo, stemma con croce di Malta d’argento in campo rosso
COLORI – bianco con liste nere, rosse e turchine
SEDE E MUSEO – Via di Camollia, 89
CHIESA – Oratorio dei Santi Vincenzo e Anastasio
MOTTO
“ Sol per difesa io pungo”
CONTRADA DEL LEOCORNO
Spesso ricordata la Contrada del Leocorno per la sua partecipazione alle cacce ai tori intorno al XV secolo e per un vistoso premio vinto per la sua miglior comparsa nel corteo del Palio del 2 Luglio del 1662 che perlopiù vinse, un premio che consisteva in una guantiera in argento puro del valore di circa 20 talleri.
SIMBOLO – Un Leocorno ( o Unicorno) bianco rampante in uno scudo bianco bordato d’azzurro recante le parole: “ Humberti regis gratia”
COLORI – Bianco e arancio con liste turchine
SEDE E MUSEO – Piazza Virgilio Grassi
CHIESA – San Giovanni Battista della Staffa
MOTTO
“ Fiede e risana al par l’arma c’ho in fronte”
CONTRADA DELLA LUPA
Il territorio della Contrada della Lupa è contraddistinta dalla monumentale Fonte Nuova di Ovile che fu realizzata dal Comune di Siena nel 1303.
In occasione della caccia ai tori nel 1546 la Contrada sfilò con un grande carro a forma di lupo e con i colori verde e giallo, poi divenuti dalla metà del seicento, bianco e nero con liste arancio.
La lupa con i gemelli che la rappresenta sembra che sia dovuta in quanto la Contrada era formata da due “habitatori” delle compagnie di Sant’Andrea e di San Donato e perciò fedeli alla città di Roma di cui Siena era appunto colonia, ne usarono l’effige omaggiandola.
SIMBOLO – La Lupa romana coronata con i gemelli lattanti ed un pennoncello con i colori della balzana; stemma bordato di bianco e di rosso alternati con croci Sabaude
COLORI – Bianco e nero con liste arancio
SEDE E MUSEO – Via Vallerozzi, 71
CHIESA – Oratorio di San Rocco
MOTTO
“ Et urbis et Senarum Signum et Decus”
NOBILE CONTRADA DEL NICCHIO
Il titolo nobiliare fregiato dalla Contrada del Nicchio ha valore inestimabile, in quanto ottenuto per il combattimento valoroso delle sue schiere armate nella famosa battaglia di Monteaperti nel 1260 e anche in occasione della difesa della città a Porta Pispini nel 1527.
Nel 1469 gli uomini di questa contrada portarono l’acqua nel rione e alla fonte dei Pispini nel 1534.
SIMBOLO – Una valva di conchiglia o nicchia di mare, coronata, recante ai lati due rami di corallo; sotto la nicchia, un pendaglio formato da tre nodi Sabaudi divisi da due rosette (una rossa e l’altra d’argento)
COLORI – Turchino con liste gialle e rosse
SEDE E MUSEO – Via dei Pispini, 68
CHIESA – Oratorio di San Gaetano da Thiene
MOTTO
“ E’ il rosso del corallo che m’arde in cuor”
NOBILE CONTRADA DELL’OCA
La Contrada si frega del titolo nobiliare per gli atti di valore militare nelle battaglie di Montemaggio nel 1145 e di Monteaperti del 1260.
Nella cacciata del 1546 l’Oca era una compagnia composta da circa 130 giovani contraddistinti da una banda verde, mentre il capocaccia era vestito di rosso e la bandiera recava un’oca d’argento e tutti conducevano un macchinario a forma d’Oca.
SIMBOLO – Un’oca bianca coronata, recante al collo un nastro azzurro con la croce Sabauda
COLORI – Bianco e verde con liste rosse
SEDE E MUSEO – Via Santa Caterina
CHIESA – Oratorio di Santa Caterina in Fontebranda
MOTTO
“ Clangit ad arma”
CONTRADA CAPITANA DELL’ONDA
Il titolo di capitana gli è stato conferito in quanto i suoi uomini d’arme montavano di guardia al Palazzo Pubblico e così è anche il suo territorio all’ombra del Palazzo stesso . Nella già citata cacciata del 1546 si distinse per la folta schiera di pastori e ninfe che sfilavano a piedi e a cavallo delle quali molte coronate di fiori e fronde accompagnando un carro con sopra rappresentata la dea Diana e un Cupidino legato.
SIMBOLO – Un Delfino natante coronato alla reale
COLORI – Bianco e celeste
SEDE E MUSEO – Via Giovanni Duprè,111
CHIESA – Oratorio di San Giuseppe
MOTTO
“ Il colore del cielo, la forza del mare”
CONTRADA DELLA PANTERA
Pare che il nome le sia stato attribuito per una grande macchina raffigurante appunto un pantera che gli uomini della contrada facevano sfilare durante il Rinascimento per le vie della città . A circa metà del Cinquecento le due compagnie militari di Stalloreggi di fuori e Stalloreggi di dentro si unirono formando così la contrada della Pantera, inoltre abitando in questa zona numerosi commercianti lucchesi e dato che l’animale è effige della loro città, pare che per “gemellaggio” abbiano mantenuto la figura.
SIMBOLO – Una pantera rampante in campo bianco; a lato, uno stemma a cuore partito di rosso e d’argento con la lettera U
COLORI – Rosso e azzurro con liste bianche
SEDE E MUSEO – Via San Quirico,26
CHIESA – San Niccolò al Carmine
MOTTO
“ Il mio slancio ogni ostacolo abbatte”
CONTRADA DELLA SELVA
L’onore di questa Contrada è che si avvale del territorio che si espande intorno al millenario complesso di Santa Maria della Scala e anche quello della Cattedrale.
Le compagnie che hanno formato la Selva sono quelle di Porta Salaia che si aggiunsero in seguito, ma quelle primarie di San Giovanni di Vallepiana.
Proprio agli uomini di Vallepiana essendo bravi cacciatori era dato il privilegio di combattere per primi per le cacciate ma nel 1525 avvenne un’aspra contesa con la contrada dell’Oca che riteneva suo diritto avere tale privilegio.
SIMBOLO – Un Rinoceronte ai piedi di una quercia recante appesi strumenti di caccia; il capo dello stemma azzurro con una rotella d’oro fiammeggiante recante la lettera U
COLORI – Verde e arancio con liste bianche
SEDE E MUSEO – Piazza della Selva
CHIESA – San Sebastiano
MOTTO
“ Prima Selvalta in Campo”
CONTRADA DELLA TARTUCA
La Contrada della Tartuca è famosa per la realizzazione dei carri infatti nel 2 Luglio del 1676 vinse per aver realizzato un carro bellissimo con l’arme della Casa Chigi e persino l’anno successivo vince il masgalano con un carro che rappresentava il trionfo di Amore con ninfee fatte prigioniere da Venere. Nel cuore della Contrada , via della Murella, intorno alla metà del seicento, i tartuchini acquistarono un edificio dai frati di San’Agostino e dopo poco lo trasformarono in oratorio dedicandolo al loro santo patrono Sant’Antonio da Padova.
SIMBOLO – Una tartaruga in campo d’oro seminato di nodi Sabaudi e margherite alternanti
COLORI – Giallo e turchino
SEDE E MUSEO – Via Tommaso Pendola,21
CHIESA – Oratorio di Sant’Antonio da Padova
MOTTO
“ Forza e costanza albergò”
CONTRADA DELLA TORRE
Il governo di Siena per celebrare l’acerrima battaglia di Camollia vinta dai senesi nel 1526, volle edificare una chiesa nel piano di Salicotto dietro il Palazzo Pubblico, dedicata a San Giacomo. Per la costruzione vi provvidero gli uomini di Liofante (antico nome della Torre) sul cui stemma figurava una torre riferente naturalmente a quella del Mangia.
SIMBOLO – Un Elefante caricato di una torre, recante un pennoncello rosso crociato d’argento; l’animale è decorato di una gualdrappa rossa con croce bianca
COLORI – Rosso cremisi con liste bianche e turchine
SEDE E MUSEO – Via Salicotto,103
CHIESA – Oratorio di San Giacomo
MOTTO
“ Oltre la forza la potenza”
CONTRADA DI VALDIMONTONE
Questa Contrada si espande intorno alla basilica di Santa Maria dei Servi da cui si può ammirare un panorama sulla città mozzafiato. Partecipanti anche loro delle varie cacce, nel 1516 portarono in sfilata nelle vie cittadine un carro con una grande macchina a forma di montone.
SIMBOLO – Un montone rampante coronato in campo bianco; l’angolo superiore destro è azzurro e reca la lettera U coronata alla reale
COLORI – Rosso e Giallo con liste bianche
SEDE E MUSEO – Via di Valdimontone, 6
CHIESA – Oratorio della Santissima Trinità
MOTTO
“ Sotto il mio corpo la muraglia crolla”
Fanno parte del TERZIERE DI CAMOLLIA le seguenti Contrade: Bruco, Drago, Giraffa, Istrice, Lupa e Oca
Fanno parte del TERZIERE DI CITTA' le seguenti Contrade: Aquila, Chiocciola, Onda, Pantera, Selva e Tartuca
Fanno parte del TERZIERE DI SAN MARTINO le seguenti Contrade: Civetta, leocorno, Nicchio, Torre e Valdimontone.
RICETTE DI NONNA LINA
IL PANFORTE DI SIENA
Mi è d’obbligo, questa volta, fare una considerazione, ovvero come sapete io ho sempre dato ricette che sono nate dalla mia cultura casalinga, ovvero tramandate dalla mia mamma e nonna, e sono sempre state ricette abbastanza facili e anche se vogliamo comuni, magari con qualche variante particolare da far allettare il gusto e dare un’impronta quasi nuova. Stavolta non ho chance, mi trovo a dover proporvi una ricetta assolutamente “classica” ma assolutamente da grande chef di un prodotto enormemente conosciuto e amato da tutti gli Italiani e non solo.
Sta di fatto che le dosi e gli ingredienti saranno quelli che gentilmente vengono dati a conoscenza poi è chiaro che il prodotto che noi conosciamo e compriamo già confezionato ha il suo “segreto” che viene tramandato di generazione in generazione nell’ambito della casa dolciaria di produzione e per cui sono la prima ad ammettere che il prodotto che ne verrà fuori non sarà certo a quell’altezza, ma mai disperare e sapersi anche accontentare.
Le prime testimonianze che attribuiscono il panforte (o panpepato) al territorio di Siena si hanno da un documento del 1205 conservato nel convento di Montecelso, in cui vi è scritto che i contadini erano obbligati a pagare alle suore una grande quantità di panpepati e da questa tassa e da questo scritto poi ne è scaturita la leggenda che vengo a narrarvi.
Un giovane pretendente di una nobile famiglia senese, un certo Nicolò de Salimbeni , che conduceva una vita alquanto sfrenata e disdicevole, un giorno si riebbe e convintosi della gravità del suo vivere, si avvicinò alla fede e dette in dono quel poco che gli era rimasto, ovvero un sacchetto di spezie ( che comunque al tempo erano di un assoluto valore) con una ricetta di un dolce particolare in cui come ingredienti vi erano anche quelle spezie. Tale donazione arrivò al convento di Montecelso proprio nelle mani di sorella Berta che subitò provò la ricetta e trovato che il dolce era di una squisitezza particolare la donò alla curia vescovile. Da vescovo a vescovo arrivò al bravissimo cuoco Ubaldino, fratello del cardinale Ottaviano della Pila , tanto famoso allora che persino Dante lo nomina nella sua Divina Commedia nel Purgatorio, che perfezionò la ricetta con l’aggiunta di nocciole e frutti canditi e da allora si può davvero dire che era nato il vero Panforte.
PANFORTE SENESE
80 gr di nocciole
80 gr di mandorle
180 gr di cedro e arancia candita
60 gr di farina
30 gr di cacao
Un mezzo cucchiaino di spezie
110 gr di zucchero
120 gr di miele
2 cucchiai abbondanti di zucchero a velo
1 poco di cannella polverizzata.
Si tostano ben bene le nocciole al forno per circa 15 minuti per poi toglierne la pelle e tritarle in modo grossolano.
Per togliere la pellicina alle mandorle invece devono prima essere sbollentite e poi anche queste triturate.
Tritate anche il cedro e l’arancia candita e poi le ponete in una ciotola insieme al cacao e alle nocciole e mandorle tritate e le spezie.
Sul fuoco scaldate lentamente in una pentola lo zucchero e il miele fino a che raggiungono una sostanza omogenea e lo portate a cuocere fino a che ottiene quel colore brunato da essere come si dice caramellato. A quel punto togliete dal fuoco e vi aggiungete la mescolanza di spezie, cacao ecc che avete precedentemente preparato e amalgamate ben bene fino a raggiungere un impasto omogeneo.
Stendete l’impasto in uno stampo basso di almeno 20 cm di diametro con carta da forno, cercate di livellarlo e poi lo ponete in forno preriscaldato a 150 gradi per un tempo di 30 minuti . Una volta pronto lo togliete dallo stampo e lo ponete a freddare sopra la gratella del forno spento e già tiepido. Una volta freddo vi spolverate lo zucchero a velo e la cannella…...e sono sicura che avrete ottenuto un bellissimo e buon dolce da far invidia…..e come diceva un detto dei nostri avi….”lo facciam passar per pane anche se fogaccia”.
Nonna Lina
Immagine web
L’OPERA D’ARTE DELLA DOMENICA
DRAPPELLONE DEL PALIO DEL 2 LUGLIO 2024
DEDICATO ALLA MADONNA DI PROVENZANO
DI GIOVANNI GASPARRO
EROI DI CARTA
IL PALIO NEI FUMETTI
Si può dire quasi con certezza che il primo illustratore del Palio di Siena fu il fiorentino Luigi Bertelli meglio conosciuto come Vamba (Il giornalino di Giamburrasca), che memore di un Palio visto quando era bambino e del quale aveva assistito anche a un furente bisticcio tra un senese e un detrattore del Palio, trovò in età adulta lo spunto per farne storia nel Giornalino della Domenica.
Nel 1939 un racconto con immagini fu pubblicato da il Corriere dei Piccoli per mano di Silvio Gigli (poi famoso conduttore radiofonico) e aveva come protagonisti i cittadini della Contrada dell’Onda e della Torre (che per antonomasia sono acerrimi nemici).
Ancora sul Corriere dei Piccoli al Palio è riservata un’intera pagina con testo e corredata da foto tra cui quella dell’alfiere della Contrada della Pantera, Gino Vigni.
La prima vera storia a fumetti è del 1953 e appare su Il Vittorioso scritto da Roudolph (Raoul Traverso) e illustrato da Giorgio Bellavitis
Altre edizioni in seguito fino ad arrivare al 1963 quando il periodico per bambini, il Giornalino, dedica una storia di ben 28 tavole scritta da Ghelardini e disegnata da Sada con il titolo “Il ragazzo del Palo”.
Negli anni ‘70 una vicenda a sfondo thriller apparve sul Corriere dei Ragazzi dal titolo “L’agente senza nome” ambientato appunto nel Palio per opera di Pier Carpi e disegni di Tuis.
Anche la Walt Disney ha portato i suoi più famosi e cari personaggi a vivere una storia nel fantastico mondo del Palio, era il 24 aprile 1983 nel numero 1430 che apparve sulla rivista Topolino, per poi ritornarvi con ben due pubblicazioni nell’agosto del 1985 con una storia di Pierfrancesco Prosperi e disegnata da Alberico Motta e chine di Agnese Fedeli.
Poi seguirono Tiramolla e persino Linus dalla preziosa fantasia di Sergio Staino che fa raccontare al suo personaggio Bobo la gita della sua famiglia al Palio di Siena.
Immagini e notizie da web
IL CINEMA
LA RAGAZZA DEL PALIO
DI LUIGI ZAMPA
Segno zodiacali del mese: CANCRO dal 22/06 al 26/07
Molto ricco di notizie, bello!
RispondiEliminaGrazie di cuore.
Elimina