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ALMANACUS SAN FRANCESCO D'ASSISI

ALMANACUS

SAN FRANCESCO D'ASSISI


Oggi è Mercoledì 4 Ottobre e si celebra la festività del Santo Patrono d'Italia , ovvero il giorno indicato, dal Parlamento nel 2005, quale “solennità civile e giornata per la pace, per la fraternità e il dialogo fra le religioni”,



PICCOLA DESCRIZIONE DELLA VITA DI SAN FRANCESCO




San Francesco nasce ad Assisi nel 1181 da famiglia nobile e assume il nome dalla volontà della madre di origine francese. Prosegue ottimi studi e poi si dedicherà agli affari paterni e alle scorrerie dei giovani benestanti del tempo ( subirà persino un arresto) fino a partecipare alla guerra tra Perugia ed Assisi. Spinto dal forte amore per le armi e l'avventura decide poi di partecipare alla Quarta Crociata che fu indetta nel 1203, ma non arriverà mai in Terra Santa in quanto a Spoleto si ammala ed è proprio in questa cittadina medievale che secondo la biografia di Tommaso da Celano, Francesco ha una visione mistica. Convertito tornerà ad Assisi dove si “spoglierà” di tutti i suoi averi e rinuncerà ai beni paterni per ritirarsi in povertà assoluta e conducendo una vita di predicazione.

Già nel 1210 Papa Innocento III approva la sua prima Regola, i seguaci di Francesco sono una grande entità tanto che ben dieci anni dopo, nel 1223 viene approvata la regola definitiva, ovvero la Regola dell'ordine di San Francesco.

Gli ultimi tre anni di vita sono stati per il Santo quelli in cui ha conosciuto di persona tutto il dolore che un umano possa patire e mai una lamentazione ma bensì un grazie al Signore per averglielo procurato, in quanto solo con esso Francesco può sentirsi vicino e comprendere il sacrificio della Croce di Gesù.

Muore la sera del 3 Ottobre del 1226 , povero ma ricco di tanto amore e santità.


SCRITTI DI FRANCESCO D'ASSISI


(DA FONTI FRANCESCANE (Scritti e biografia di San Francesco d'Assisi)

FIORETTI (cap. VIII)


DELLA VERA E PERFETTA LETIZIA



Lo stesso [fra Leonardo] riferì nello stesso luogo che un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chiamò frate Leone e gli disse: «Frate Leone, scrivi». Questi rispose: «Ecco, sono pronto». «Scrivi – disse – quale è la vera letizia». «Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell’Ordine; scrivi: non è vera letizia. Così pure che [sono entrati nell’Ordine] tutti i prelati d’oltralpe, arcivescovi e vescovi, e anche il re di Francia e il re d’Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. Ancora, [si annuncia] che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, e inoltre che io ho ricevuto da Dio tanta grazia che risano gli infermi e faccio molti miracoli; io ti dico: in tutte queste cose non è vera letizia». «Ma quale è la vera letizia?». «Ecco, io torno da Perugia e a notte fonda arrivo qui, ed è tempo d’inverno fangoso e così freddo che all’estremità della tonaca si formano dei dondoli d’acqua fredda congelata, che mi percuotono continuamente le gambe, e da quelle ferite esce il sangue. E io tutto nel fango e nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo che ho picchiato e chiamato a lungo, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: “Vattene, non è ora decente questa di andare in giro; non entrerai”. E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: “Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io resto ancora davanti alla porta e dico: ‘‘Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”. Io ti dico che, se avrò avuto pazienza e non mi sarò inquietato, in questo è vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima»







IL MIRACOLO DELLA CONVERSIONE DEL LUPO D'AGOBBIO (GUBBIO)

(FIORETTI Cap.XXI)


Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d’Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini; in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s’appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s’eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo.

E per paura di questo lupo e’vennono a tanto, che nessuno era ardito d’uscire fuori della terra. Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano; e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co’suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio.

E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo. Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così: «Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona».

Mirabile cosa a dire! Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere.

E santo Francesco gli parlò così: «Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, e hai fatti grandi malifici, guastando e uccidendo le creature di Dio sanza sua licenza, e non solamente hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto ardire d’uccidere uomini fatti alla immagine di Dio; per la qual cosa tu se’degno delle forche come ladro e omicida pessimo; e ogni gente grida e mormora di te, e tutta questa terra t’è nemica. Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro, sicché tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più». E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di orecchi e con inchinare il capo mostrava d’accettare ciò che santo Francesco dicea e di volerlo osservare.

Allora santo Francesco disse: «Frate lupo, poiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch’io ti farò dare le spese continuamente, mentre tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicché tu non patirai più fame; imperò che io so bene che per la fame tu hai fatto ogni male. Ma poich’io t’accatto questa grazia, io voglio, frate lupo, che tu mi imprometta che tu non nocerai mai a nessuna persona umana né ad animale: promettimi tu questo?». E il lupo, con inchinare di capo, fece evidente segnale che ’l prometteva. E santo Francesco sì dice: «Frate lupo, io voglio che tu mi facci fede di questa promessa, acciò ch’io me ne possa bene fidare». E distendendo la mano santo Francesco per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sopra la mano di santo Francesco, dandogli quello segnale ch’egli potea di fede.

E allora disse santo Francesco: «Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio». E il lupo ubbidiente se ne va con lui a modo d’uno agnello mansueto; di che li cittadini, vedendo questo, fortemente si maravigliavano. E subitamente questa novità si seppe per tutta la città; di che ogni gente, maschi e femmine, grandi e piccioli, giovani e vecchi, traggono alla piazza a vedere il lupo con santo Francesco.

Ed essendo ivi bene raunato tutto ’l popolo, levasi su santo Francesco e predica loro, dicendo, tra l’altre cose, come per li peccati Iddio permette cotali cose e pestilenze, e troppo è più pericolosa la fiamma dello inferno, la quale ci ha a durare eternalemente alli dannati, che non è la rabbia dello lupo il quale non può uccidere se non il corpo: «quanto è dunque da temere la bocca dello inferno, quando tanta moltitudine tiene in paura e in tremore la bocca d’un piccolo animale. Tornate dunque, carissimi, a Dio e fate degna penitenza de’vostri peccati, e Iddio vi libererà del lupo nel presente e nel futuro dal fuoco infernale». E fatta la predica, disse santo Francesco: «Udite, fratelli miei: frate lupo che è qui dinanzi da voi, sì m’ha promesso, e fattomene fede, di far pace con voi e di non offendervi mai in cosa nessuna, e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie; ed io v’entro mallevadore per lui che ’l patto della pace egli osserverà fermamente».

Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo  continovamente. E santo Francesco, dinanzi a tutti, disse al lupo: «E tu, frate lupo, prometti d’osservare a costoro il patto della pace, che tu non offenda né gli uomini, né gli animali, né nessuna creatura?». E il lupo inginocchiasi e inchina il capo e con atti mansueti di corpo e di coda e d’orecchi dimostrava, quanto è possibile, di volere servare loro ogni patto.

Dice santo Francesco: «Frate lupo, io voglio che come tu mi desti fede di questa promessa fuori della porta, così dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, che tu non mi ingannerai della mia promessa e malleveria ch’io ho fatta per te». Allora il lupo levando il piè ritto, sì ’l puose in mano di santo Francesco.

Onde tra questo atto e gli altri detti di sopra fu tanta allegrezza e ammirazione in tutto il popolo, sì per la divozione del Santo e sì per la novità del miracolo e sì per la pace del lupo, che tutti incominciarono a gridare al cielo, laudando e benedicendo Iddio, il quale sì avea loro mandato santo Francesco, che per li suoi meriti gli avea liberati dalla bocca della crudele bestia.

E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio, ed entravasi dimesticamente per le case a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui, e fu nutricato cortesemente dalla gente, e andandosi così per la terra e per le case, giammai nessuno cane gli abbaiava drieto. Finalmente dopo due anni frate lupo sì si morì di vecchiaia, di che li cittadini molto si dolsono, imperò che veggendolo andare così mansueto per la città, si raccordavano meglio della virtù e santità di santo Francesco.





IL PRESEPE DI FRANCESCO


In ritorno da Roma, Francesco si fermò con alcuni suoi compagni frati nella piccola cittadina di Greccio nella valle reatina. Un giorno chiama a se un suo amico e benefattore dell'Ordine, Giovanni e gli dice:

Se ti fa piacere, quest'anno voglio celebrare con te la notte di Natale e la voglio fare in maniera davvero poetica. Devi scegliere una località fra i tuoi boschi, meglio una grotta e vi fai apparecchiare una greppi con paglia , un bue e un asinello, praticamente tutto ciò che serve per rappresentare dal vivo la scena del presepe.”.

Era un pensiero che già Francesco ne aveva fatto menzione al Papa nel suo viaggi a Roma e da questi aveva avuto anche benedizione.

Poi questa sua volontà fu espressa sia a tutti i frati di Greccio ma anche all'intera comunità che appena saputola, più che altro incuriositi, si adunarono nella selva di Greccio.

Il bosco era tutto illuminato e canti di festa si elevavano al cielo in quella notte fredda e stellata, mentre Francesco vestito da diacono, dopo aver cantato il Vangelo, si avvicina alla grotta con tutta l'innocente gioia e parla al popolo della grande dolcezza del Natale, del poverello Re e della terra di Betrem.


......e sovente volendo nominare Cristo Gesù, tutto acceso e fiammeggiante d'ineffabile amore, lo chiamava il Fanciullo di Betlem; e pronunciando questa parola – Betlem – con voce simile al belato d'un agnellino, la sua bocca si riempiva di quel suono, ma più ancora di dolcissimo affetto, mentre al nominare che faceva quel Bimbo divino, si lambiva con la lingua le labbra, gustando tutta la dolcezza di quel nome paradisiaco”. (Tommaso da Celano)


Poi, mente Francesco stava per reclinare sulla paglia il nato Bambino, apparve sulle sue braccia un bambino di una bellezza strabiliante, che pareva dormisse tanto il Santo cercava di svegliarlo.





CANTICO DELLE CREATURE

(o Cantico di Frate Sole)


(Questa bellissima preghiera che viene considerata il primo testo della letteratura italiana, ad oggi possiamo anche ritenerla una profezia del Santo sulle conseguenza dello sfruttamento della natura. E' un grido, una forte acclamazione agli uomini perchè riconoscano, apprezzino, amano e valorizzino la semplicità dei bisogni umani. San Francesco loda e ringrazia Dio per ciò che ha donato agli uomini senza basarsi sulle ricchezze e sulle classi sociali, la Luna, Il Sole, l'Acqua, il Vento e tutto il creato senza dimenticare la Morte che non sarà sofferenza per coloro che vi arriveranno senza peccato e solo con essa si può arrivare a Dio e avere la pace eterna.)


Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria
e l'honore et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato si', mi' Signore,
cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno
et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante
cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significazione.

Laudato si', mi' Signore,
per sora Luna e le stelle:
in celu l'ai formate
clarite e preziose e belle.

Laudato si', mi' Signore,
per frate Vento
e per aere e nubilo
e sereno e onne tempo,
per lo quale a le Tue creature
dai sustentamento.

Laudato si', mi' Signore,
per sor'Acqua,
la quale è multo utile et humile
e preziosa e casta.

Laudato si', mi' Signore,
per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iocundo
e robustoso e forte.

Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti fiori et herba.

Laudato si', mi' Signore,
per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate e benedicete mi' Signore et rengraziate
e serviateli cum grande humilitate.


Cantico delle Creature letto da Nando Gazzolo



LA SOFFERENZA E LA MORTE DEL SANTO


Il 17 settembre del 1224, Francesco ricevete le stimmate sui monti della Verna mentre era in preparazione per la prossima festa (29 Settembre) di San Michele Arcangelo. Era stata proprio la volontà di Francesco a chiedere di soffrire e ne abbiamo testimonianza nella sua specifica preghiera: “ O Signore mio Gesù Cristo, prima che io muoia ti chiedo la grazia di farmi sentire nell'anima e nel corpo quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell'ora della tua acerbissima passione”. Ma queste sofferenze furono oltre le stimmate stesse, infatti accusò subito un fastidioso male agli occhi che indussero i frati a recarlo a Rieti per una particolare operazione “....con ferri roventi gli furono bruciate le vene, dall'oreccchio al sopracciglio, ma non giovò a nulla”. Infatti da quivi fu condotto a Siena ma il male prese il sopravvento anche su tutto il corpo, tale che la sua gravità fosse presagio di un'improvvisa dipartita. Tramite frate Elia, alquanto preoccupato, il Santo fu condotto al conventino di Celle presso Cortona ma un parziale star meglio divenne invece subito un ulteriore peggioramento “...gli si gonfiò il ventre, gli si inturgidirono gambe e piedi, e lo stomaco peggiò talmente che gli riusciva quasi impossibile ritenere qualsiasi cibo...”. San Francesco sentiva che avrebbe avuto pochissimo ancora da vivere onde per cui chiese esplicitamente a frate Elia di essere riportato ad Assisi, cosa che il frate ve lo accompagnò addirittura di persona.

Ad Assisi conoscendo la gravità del male del Santo e che questa sarebbe stata sicuramente il suo ultimo ritorno prepararono per Lui una delegazione con cavalli e cavalieri e lo accompagnarono presso il palazzo del vescovo di Assisi invece che alla Porziuncola. Questa fu l'allora volontà di frate Elia perchè essendo la Porziuncola sita in un luogo di aperta campagna sarebbe stata troppo esposta ad incursioni o addirittura a furti del corpo una volta che il Santo fosse morto.

Ma Francesco non voleva morire in un bel letto, Francesco voleva tornare da dove era partito, da dove per la prima volta “....aveva conosciuto la via della verità...” ed a Elia non potè che acconsentire.

Francesco poi fece una richesta ben precisa, che vista la sua gravità, fosse avvisata Giacomina dei Settesoli, una nobile romana molto devota al Santo e che lo aveva ospitato durante il suo viaggio a Roma ma non era ancora partito il messo che Giacomina era arrivata alla Porziuncola avvertita in sogno della vicinissima scomparsa del Santo.

Aveva con se un panno color cenerino onde cui avrebbe ricoperto il Santo corpo, dei ceri, una sindone per coprirne il volto e un cuscino per il capo.

Quando Francesco capì che stava per morire, volle intorno a se tutti io “suoi” frati e ad essi impartì la “...benedizione, come un tempo il patriarca Giacobbe benedisse i suoi figli...”.

La sera del 3 Ottobre 1226 San Francesco spirò.

Uno stormo di allodole si posò sul tetto della Porziuncola e garrì per tutta la notte salutando così il loro “amico” che adesso volava in cielo.




DA “LA TONACA DEL FRATICELLO”

(DI MARINO MORETTI)


IL FRATICELLO





Dolce era l'aria e limpido il mattino

e passava nel ciel piìi d'un uccello,

e allegramente si mise in cammino

per la Marca d'Ancona un fraticello.


Egli cantava una canzon gioconda

che avea composto un giorno da se stesso

mentre, nascosto tra una verde fronda,

qualche usignuol gli rispondea sommesso.


E il venticello gli girava attorno

e gli portava il buon profumo fresco

che forse tolto avea sul far del giorno

al bosco e all'orticello, al pino e al pesco.


E le cincie, calando alla campagna

seguendo i raggi tepidi del sole,

gli diceano: «Sei quello che a Bevagna

ci disse tante tenere parole?»


E i fiorellini si volgeano verso

i piedi suoi che non faceano male,

quasi essi pure ad ascoltare il verso

che uscìa dai labbri armonioso e uguale.


E il sol che avea il santo odor del cielo,

e il sol che avea il santo odor del bosco

gli facea dire da un suo raggio anelo:

«sei quel di San Damiano? Ti conosco!»


E l'altro rispondea: «Sì, sì, son quello!»

con un. accento semplicetto e gaio,

e palpitava il cuor del fraticello,

il dolce cuore sotto il rozzo saio.


Tutte le cose dal buon Dio create

cantava e avea per tutti bei sorrisi

il fraticello, che avea nome frate

Francesco ed era di là su: d'Assisi.





A SAN FRANCESCO

(Roberto Busembai - Errebi)


Lasceranno solo le macerie,

rimpiangeranno il mare,

penseranno al cielo

e loderanno il sale,

ma non sapranno mai

del tuo grande amore,

per cui la vita,

a loro muore.






Immagini dei puzzle da web: Opere d'arte di artisti vari rappresentanti vita e miracoli di San Francesco tra i quali: Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Francisco de Zurbaran, Giotto di Bondone, Stefano di Giovanni di Consolo detto Sassetta, Antonio del Castillo y Saavedra, Bernardo Strozzi, Carlo Crivelli, Cenni di Pepo detto Cimabue, Giovanni di Massio detto Gentile da Fabriano, Maestro del compianto di Cristo, Annibale Carracci, Pietro Lorenzetti, Giovanni Francesco Barbieri detto Il Guercino.

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